"Per un alpinista le vie nuove sono le sue opere d'arte.“

1950 - Adamello. Ago di Nardis. Val Gabbiolo

Con Fausto Susatti.
Dal Rifugio Stella Alpina in Val di Genova, un ripido sentiero porta all'inizio della Val Gabbiolo, dove si trova un bivacco di fortuna, costruito con ramaglie, comunque utile e comodo. Su, in alto della valle, troneggia la Torre Bignami, salita a suo tempo da Oggioni e Aiazzi. Sulla destra domina l'Ago di Nardis, con belle pareti di granito grigio, sal e pever. La maggiore difficoltà di quella originale avventura è stata il ritorno al bivacco di fortuna dal quale eravamo partiti. Abbiamo dovuto fare un lungo giro fra le tracce e i baraccamenti della Prima Guerra mondiale che ci obbligò a passare la notte all'aperto cielo, senza abbigliamento adeguato, muniti solo di giacca a vento.
Un'esperienza che ho rivissuto dopo anni, nel 1969, sulla cresta della Punta Serauta, in Marmolada, dopo aver aperto con Mariano Frizzera, Vasco Taldo e Josve Aiazzi la via Nives Rosa, una giovane bella ragazza veneziana, vittima del suo desiderio di salire in alto magari senza la dovuta preparazione tecnica, che avevamo raccolto morente sulla Torre Venezia in Civetta.
Comunque è stata un'esperienza meravigliosa. Seguendo le piste dei camosci, abbiamo potuto vedere l'incredibile capacità di questi ungulati di scendere su placche di roccia, dove noi usavamo la corda doppia. E quanti ceppi di stelle alpine giganti accompagnavano il nostro cammino.

L'Ago di Nardis in Val Gabbiolo.
Aste sulla guglia di Castel Corno
Gruppo rocciatori Ezio Polo

1951 - Brenta. Cima d'Ambiez. Parete Sud Est.

Con Franco Salice.
Per una errata lettura della Guida del Castiglioni circa la Parete Sud Est della Cima d'Ambiez, credendo di ripetere la Via Stenico-Girardi, avevo aperto una via nuova su quella roccia ideale che, con mia grande gioia, risultò essere parallela a quella dei miei maestri Pino Fox e Marino Stenico. Via che, nel 1953, ho ripetuto da solo con una variante diretta. A proposito della Fox-Stenico, ancora prima di essere tracciata, lo stesso Fox aveva, con Bruno Detassis, tentato quella via. Bruno non era riuscito a superare il passaggio d'attacco, che è il più difficile della via. Pino aveva chiesto a Bruno di lasciarlo provare. Ma si sentì dire che dove non passava un Detassis non passava nessuno. Dico questo perché l'ho saputo da fonte assolutamente credibile. Non per fare uno sgarbo al compianto grande Bruno, ma per la verità storica.

La Val d'Ambiez
La cima d'Ambiez
La parete d'Ambiez da Est

1953 - Brenta. Cima Sud di Pratofiorito. Parete Est

31 Luglio - 1° Agosto. Con Fausto Susatti.
Nella Guida del Castiglioni avevo letto: "La superba parete della Cima Sud, invece, ancora inaccessa, costituisce senz'altro il più importante ed arduo problema alpinistico che ancora rimanga insoluto in Val d'Ambiez".
Fausto ed io partimmo per questa nuova meta, anche con un suggerimento dell'amico Gino Pisoni. Vista dalla Forcolota di Noghera, la meravigliosa lavagna di calcare norico, si presenta frontalmente e ti incatena lo sguardo.
In due giorni di arrampicata magnifica, realizzammo la nostra prima creazione alpinistica di rilievo. Ricordo il cespo di stelle alpine in una nicchietta in parete e il primo bivacco sotto le stelle del cielo, (alla "bella stella") come fiori astrali, contornati da una pallida e sfumata corolla.
Giungemmo in vetta in una festa di luce, col cuore gonfio di gioia e ci abbracciammo senza dire parole inutili. Nell'immaginario, con gli occhi della mente vedo ancora quel piccolo cespo di stelle vellutate.
Quell'opera ha rappresentato il mio primo amore per quanto concerne le vie nuove che, grazie a Dio, in seguito, mi sarebbe stato concesso di realizzare.

Cima Sud di Pratofiorito. Parete Est
Aste, G.Collini, custode dell'Agostini e Susatti alla base della cima Sud di Pratofiorito
Fausto Susatti

1954 - Punta Civetta. Parete Nord Ovest. "Via per la fessura di destra".

26 - 28 luglio. Con Fausto Susatti.
Attaccammo tardi e ponemmo il primo bivacco alla fine dello zoccolo della parete. La dirittura della via naturale corrispondeva alla goccia cadente, tanto cara a Emilio Comici. Era stato anche il progetto del grande Alvise Andrich, ma poi scelse la obbliqua fessura di sinistra, un itinerario altrettanto bello, addirittura storico. Per la verità lo stesso Andrich aveva, in principio, pensato ai bellissimi diedri di destra, che allora gli parvero più bagnati. Fausto ed io passammo tre giorni indimenticabili su quella parete e per noi fu una escursione in un altro mondo. Ricordo che dopo il secondo giorno di arrampicata, dal nostro posto di bivacco si vedevano le montagne emergere da un mare di nebbie, come sospese nell'aria sotto un cielo terso. Mai avevamo visto una cosa simile, eravamo in un bagno di bellezza. Il terzo giorno giungemmo in vetta che era quasi notte, dopo il superamento dello strapiombo che sbarra l'uscita dall'ultimo diedro su in alto, un passaggio che il grande Philipp definisce il più difficile che lui abbia mai superato. Questo con le salite allora esistenti in parete.
Avevamo aperto una grande via, forse l'itinerario più naturale e più bello di tutta la grande Parete delle Pareti. In seguito, su quella parete sono state fatte tante vie certamente più difficili, come é nella logica delle cose, ma sul piano della bellezza sono un'altra cosa. Questo é il mio pensiero. Al di là del fatto che i primi salitori siano stati Aste e Susatti. Una valutazione che può essere condivisa o meno.

Civetta Parete Nord Ovest. Settore centrale
Punta Civetta parete N. O. Via per la fessura di destra
Punta Civetta parete N. O. Via per la fessura di destra

1955 - Brenta. Cima D'Ambiez. Parete Est. "Via della Concordia".

30 giugno - 1° luglio. Con Angelo Miorandi, Andrea Oggioni e Josve Aiazzi.
Tre vie scavalcano la convessa parete Sud Est della Cima d'Ambiez. La Fox, la Stenico e fra le due, quella che per l'errata interpretazione della guida Castiglioni, io stesso avevo tracciato. Ma non potevano certo avere la presunzione d'avere risolto il problema dell'Ambiez, almeno, il vero, il più grosso. L'invitto era là: il diedro della parete Est, dalla direttiva perfetta. Un unico formidabile a picco di quattrocento metri, senza soste, senza respiro; un susseguirsi conturbante di neri e di gialli.
Il forte Enrich Abram, al ritorno da una via della zona, passando sulla grande cengia basale, levando lo squardo sull'incombente Gran Diedro, disse: "Questa sì che che sarebbe una gran via". Quelle parole mi segnarono dentro. Sapevo che da giorni Oggioni e Aiazzi erano all'Agostini in attesa del bel tempo per attaccare. Ma io ero senza compagno, Susatti si era tagliato un dito durante il suo lavoro di falegname. Fortunatamente Miorandi, uno dei miei allievi di Castel Corno, si offrì di farmi da compagno. Partimmo alla chetichella per il rifugio Agostini. Il primo approccio con i due famosi monzesi non fu proprio cordiale. Poi l'intelligente diplomazia di Aiazzi appianò tutto. Così all'indomani eravamo all'attacco del diedro in due cordate in armonia. Oggioni-Aiazzi e Aste-Miorandi.
Circa a metà parete scoppiò improvviso un temporale. Acqua, qualche turbinio di neve, saette e tanto freddo. Lì ci fermammo a bivaccare anche per asciugare i vestiti impregnati d'acqua. Malgrado tutto io ero tranquillo perché, con i nostri nuovi amici, mi sentivo in una botte di ferro. All'alba io e Miorandi attaccammo gli strapiombi sovrastanti e li superammo in sicurezza, seguiti a ruota da Oggioni e Aiazzi. Giungemmo felicemente in vetta, in una festa di luci e di colori con le vaporose nubi che incensavano il cielo. Firmammo il libro di vetta, chiamando il nostro tracciato "Via della Concordia", un nome che sottolinea la stima, l'amicizia e l'accettazione reciproca che ancora e sempre dura fra noi.

La via della Concordia all'Ambiez
Oggioni, Aiazzi e Aste sulla Cima d'Ambiez
Aste, Miorandi, Aiazzi e Oggioni dopo la via della Concordia

1958 - Pale di San Martino. Punta Chiggiato. Via della parete Nord.

16 - 19 agosto. Con Franco Solina.
La stagione 1958 segnerà per me e per Franco l'inizio delle grandi vie nuove. Pure questa via era già stata tentata da Oggioni e Aiazzi. Per noi é stata una salita abbastanza contrastata. Infatti, da metà parete, sotto la parte più difficile, ci cadde uno zaino con materiale e viveri assolutamente necessari. Fummo riforniti dal basso, un po' scendendo noi e un po' salendo da sotto i nostri provvidenziali sostenitori. Così il terzo giorno potemmo riprendere a salire un diedro giallo estremamente friabile, che io paragono a quello della via Carlesso-Menti alla Valgrande in Civetta. All'uscita dello strapiombo che sbarra il diedro, mi si levò un cuneo e feci un volo a testa in giù nel vuoto, trattenuto da un ottimo chiodo ad "U" che avevo messo in sicurezza. Ma ero rimasto incolume e risalii la corda a braccia. Sopra, feci un'ottima sicurezza con buoni chiodi, e Franco mi raggiunse subito. Lì dovemmo bivaccare in qualche modo. Sbirciando dal sacco da bivacco, le luci di Falcade ci sembravano stelle di un unico firmamento.
Il giorno dopo, sempre con la massima attenzione per la pessima qualità della roccia, salimmo in vetta e scendemmo subito al rifugio Mulaz, accolti con calore dal gestore Silvio Adami e dagli alpinisti presenti. Avevamo fatto una grande via, che non consiglio di ripete per la pericolosità del tracciato.

Punta Chiggiato via della parete Nord
Armando Aste e Franco Solina
Aste in arrampicata negli anni 60

1958 - Marmolada. Anticima del Piz Serauta. Parete Sud. "Via Ezio Polo".

17 - 20 settembre. Con Toni Gross.
Questa fantastica parete era già stata tentata più volte e, ultimamente, da Oggioni e Aiazzi. Era stato l'amico Josve a parlarmene e con lui feci tre tentativi. Poi desistemmo. Ma mi era rimasto il dente avvelenato con il Serauta.
Con un nuovo formidabile compagno di cordata, Toni Gross appunto, di Meida in Val di Fassa, tornai a tentare quell'affascinante problema. Passando da casa sua, dissi a Toni di portarsi un manico di scopa e un piccolo seghetto a mano. Lui rimase sorpreso perché non poteva capire il motivo di quella richiesta. Ma lo sapevo bene io. Nell'ultimo tentativo mi aveva respinto una fessura troppo stretta per entrarci con un braccio e una gamba, ma troppo larga per i cunei. Ci sarebbe voluto un estensore meccanico, ma a me riusciva improponibile un simile artificio. Segai sul posto il manico di scopa a pezzi, che incastrai con attenzione nella fessura strapiombante riuscendo così a piantare un ottimo chiodo all'uscita, che lasciammo per eventuali ripetitori.
Un'opera che, complessivamente, mi ha impegnato per un mese contando i vari tentativi. Quando arrivammo in Valle Ombretta, scendendo dalla forcella a "V", levando lo squardo, mi sentii contento e allo stesso tempo rattristato perchè ora quella parete non poteva più suggerirmi quei pensieri e quei sentimenti di quando era ancora inviolata. Perché l'uomo, ovunque egli passi, rompe un incanto. Per sempre.

Piz Serauta parete dell'Anticima
Toni Gross
Ezio Polo

"Le scalate e le spedizioni sono descritte, in modo particolareggiato e in ordine cronologico, nel mio primo libro (ora introvabile) PILASTRI DEL CIELO.“