Il Marguareis

Il Marguareis

Armando Biancardi

Armando Biancardi

Armando Biancardi

Armando Biancardi

Rododendri presso il rif. Garelli

Rododendri presso il rif. Garelli

L'altro Armando

"Ecco. Prova un po' a gridare da qui. Prova, e l'eco si ripeterà sette volte"... Eravamo ai piedi della grande bastionata fra Cima dell'Armusso e Castello delle Aquile. Risento ancora quelle eco a non finire, come dal fondo d'un pozzo tremare nell'aria e giungere sempre più affievolite, dentro di noi, commossi. Rivedo i paretoni della catena del Marguareis, cenerentola reginetta delle Marittime Orientale, paretoni che si specchiano con i loro toni freddi e caldi insieme nel laghetto. E, su quella "sinfonia" giallo-grigia-rossastra con aspetti dolomitici, via a perdita d'occhio per cinque chilometri in lunghezza (una gara atletica di mezzofondo), "note" che si alzano, con pareti a piombo, per più di seicento metri. Riassaporo i cieli tirati dal vento, d'un azzurro che prelude quelli del mare imminente. E apprendo dall'amico che siamo in un regno di eccezione. Non lontano, passavano le antiche "vie del sale", di romana memoria, fra Liguria e Piemonte. Sotto il clima rivierasco, i rododendri straripano due volte all'anno. Nelle cacce di settembre cadono numerosissimi camosci. La geologia apre sulle pareti Nord pagine stupefacenti, con balenotteri fossili presso le vette. Alla radice delle vallate, trovano sorgente acque radioattive pressochè uniche in Italia. Sulle balze delle stesse valli si aprono grotte, con abissi fra i più profondi d'Europa, esplorati solo in questi ultimi anni. Questa è la montagna dell'altro Armando, di Armando Biancardi. Vi è capitato poco più che ragazzo e a lei ha fatto ritorno, fedelmente, per tutta una vita.

Lassù, al rifugio Garelli, uno di quei rifugietti che erano ancora così come dovrebbero: dove non c'era custode e, per entrarci, bisognava prelevare la chiave a fondovalle. Lassù, dove la vita aveva un sano sapore arcaico, e nessuno veniva a turbare il vostro "ritiro", abbiamo vissuto giorni indimenticabili. Su quelle rocce, non prive di pericoli per la loro friabilità, abbiamo aperto alcune belle vie: al pilastro della Oreste Gastone, allo spigolo Tino Prato (con un bivacco). Vie sostenute, di quinto e di sesto, che hanno arricchito il bagaglio dell'amico. Un bagaglio cospicuo, se oltre a circa seicento ripetizioni sull'intera cerchia alpina, dalle Marittime alle Dolomiti con "invernali", salite su ghiaccio, sci-alpinistiche, e un bel pizzico di "quattromila", conta qualcosa come sessantotto prime ascensioni, di cui alcune da "solo" e da "capo-cordata" e di cui non poche di difficoltà estrema. Se a taluno parrà "niente" tutto questo..., una cosa è comunque certa. Nessun alpinista torinese come lui, nè presente nè passato, può vantare un numero di "prime" che possa solo avvicinarglisi. E, questo, ha seccato a molti...
Ma il suo maggiore titolo alpinistico - la malattia cronica, secondo lui - è d'avere aperto tutte le vie al Marguareis, ripetendo le altre poche, nessuna esclusa. E io mi chiedo proprio quali altri dei sedicenti "grandi" alpinisti abbiano al loro attivo "tutte" le vie di un'intera catena. Si sente spesso parlare di "innamorati" della montagna che vivono per essa. L'altro Armando era uno di questi.
Ma egli non era né solo uno sportivo né solo un intellettuale. Ma l'uno e l'altro allo stesso tempo. Per questo, accanto all'azione alpinistica, a sua ispirazione, può vantare qualcosa come più di mille articoli di montagna, pubblicati un po' ovunque, compresi i maggiori quotidiani. Un libro di narrativa "La voce delle altezze" (premio Cortina) e uno studio storico che, con quella serietà e con quella competenza, poteva stendere solo Lui: "Cento anni di alpinismo torinese". E poichè è più facile da "seduti" leggere qualcosa di montagna che non ripetere qualche via aperta dall'amico, ecco che Biancardi ha la fama di "scrittore"... (Forse per questo non l'hanno voluto accademico). Per l'attività letteraria l'amico ha ottenuto, a titolo di riconoscimento, l'asssegnazione di undici, dico "undici" premi nazionali e internazionali, e fra questi, due "Saint Vincent". Quale altro giornalista-scrittore italiano di montagna, alpinista o non alpinista, può vantare pari numero? La motivazione d'uno di questi riconoscimenti parla chiaro: "Ha contribuito in modo determinante all'illustrazione della montagna e può contare su una notevolissima esperienza personale di alpinismo. Per questa "completezza", soprattutto per questo ponderoso insieme, e delle "prime" e della parte culturale, io lo considero un "maestro". Da Lui ho imparato e continuo a imparare moltissimo.

Dal volume: "PILASTRI DEL CIELO" di Armando Aste