Bruno Detassis

Bruno Detassis

El Bruno

El Bruno

El Bruno e rifugio Brentei

El Bruno e rifugio Brentei

Aste, Detassis e Navasa al Brentei (1959)

Aste, Detassis e Navasa al Brentei (1959)

Bruno Detassis, quasi una lettera

Da tempo anche per me è giunto il tempo dei ricordi che considero un privilegio da accogliere come un dono. Pure se lo sguardo è fisso ancora e sempre al divenire, è saggio talvolta voltarsi indietro. Fermarsi e meditare scoprendo magari cose importanti che, nella fretta e nell'esaltazione della giovinezza, avevamo sentito senza ascoltare, avevamo guardato senza vedere.
L'inebriente e sempre rinnovato amplesso con le montagne si è preso una parte importante della mia vita e mi ha arricchito di fatti, di immagini, di amicizie, di simboli che mi hanno aiutato e ancora concedono momenti belli alla mia vecchiaia.
In questa cornice di riflessioni e di sentimenti un posto preminente spetta al Grande Saggio Bruno Detassis. Figura emblematice e incorruttibile per generazione di alpinisti. Per me un Amico, un modello, un maestro attingente al mito. Dell'alpinista è stato detto tanto e gli aggettivi ancora adesso si ripetono fino all'usura.
Ha un gusto particolare andare alla ricerca di senzazioni e di ricordi lontani. A distanza di diciannove anni ho ripetuto nuovamente, con Aiazzi e Solina, la via del Bruno sul Crozzon. Un'esperienza meravigliosa. Al ritorno mi sono fermato un po' al Brentei. Bruno mi aspettava. Abbiamo "rivisto" assieme i passaggi più belli e caratteristici della via. Gli brillavano gli occhi ed ho avuto la certezza che anche questa volta è salito spiritualmente con noi. Abbiamo rammentato tanti momenti importanti della nostra comune passione. Credo che, in conseguenza di quel gesto, il Re del Brenta mi abbia sempre considerato un suo pupillo. Da quel giorno, ogni volta che passavo dal Brentei, dovevo andare dentro, Bruno mi invitata a sedermi ad un tavolo e apriva una bottiglia, poi gli confidavo i miei progetti. Lo facevo per deferenza, perché sapevo che era un atto dovuto di coloro che entravano nel suo regno. Lui ti dava il suo assenso e il suo benestare. Quante volte gli ho detto: “Bruno, dimmi qualche bella via nuova da fare”. Nei nostri incontri, le sue prime parole, pronunciate con un sorriso compiaciuto, erano queste: “Te n'ho preparada n'altra da rifar”. E tutto finiva con una risata. Eppoi gli sono grato per la sua partecipazione morale alle mie vie nuove in Brenta. Quella sullo stesso Crozzon, quella sulla Ovest dello Spallone...
"El Bruno l'è sempre 'na bèla figura" commentano i mie compagni.
Bruno Detassis, "l'Ors del Brenta". Gloriosa guida alpina. Magnifico rappresentante di una generazione di alpinisti dell'età eroica. Impareggiabile scopritore di classici itinerari. La sua "Via delle Guide" sulla parete Nord Est del Crozzon, per bellezza, ambiente, sviluppo, qualità della roccia, forse non trova riscontro, in fatto di arrampicata pura, in tutte le Dolomiti.
Burbero e scontroso, quanto caro e simpatico, "el Bruno" è buon amico e consigliere disinteressato di tutti i giovani che prima di affrontare una salita nel "suo" gruppo chiedono un parere.
Bruno Detassis è stato un grande. E basta. Ma grande è stato anche come uomo. E' questo che a me interessa: l'Uomo.
Ci sono dei fatti nella vita che a tutta prima sembrano banali, insignificanti. Ma se appena ci metti un po' di attenzione e ci ripensi, allora magari gli stessi fatti assumono valori nuovi, diventano scoperte illuminanti.
Le mie due vie allo Spiz d'Agner Nord nelle Pale di San Martino sono indicazioni dell'illustre amico Bruno. E così la Via Rovereto sulla Parete Ovest dello Spallone del Campanile Basso di Brenta. Per un grande come lui, ho imparato, dopo, cosa è potuto voler significare tutto questo rivolto, allora, ad un novellino come me. Forse era un inconscio passaggio del testimone. Mi si perdoni l'immodestia, ma Bruno è sempre stato un estimatore sincero dei valori emergenti.
Tornati a tarda notte proprio dalla via sullo Spallone, Angelo Miorandi ed io eravamo stanchi e soprattutto assetati. Bruno era lì al Brentei che ci aspettava. Volevamo della birra.
"No. bira no te n'dàgo" disse, "perché sè sudài e la te fa mal".
Ci fece bere del buon tè caldo e poi andò a rovistare in un posto che sapeva lui e trasse due grappoli d'uva.
"Tò màgna" fece rustico. Ma quanta tenerezza, quanto amore in quel gesto che ancora ricordo come fosse adesso.
E quando con Milo Navasa tornammo dal Gran Diedro del Crozzon, ancora lui "el Bruno", il Re, dopo la tradizionale bottiglia di spumante regalò ad entrambi una foto della montagna col tracciato di suo pugno della via che avevamo appena aperto. So che era sceso a Campiglio anche e forse soprattutto per quelle due foto.
Sono cose, queste, sono attenzioni che esprimono sentimenti che le parole non riuscirebbero mai a tradurre.
Caro Bruno, ora questa diventa quasi una lettera, io non ti so dire quello che sento dentro, affetto, stima, ammirazione, deferenza, e tante, tante altre cose belle. Sei stato come un faro che riflette le alte virtù morali, fondamento della nostra avventura umana.
Amico Bruno, per te avrei voluto scardinare i limiti della mia pochezza. Ma quello che ti ho detto mi è uscito dal cuore.

Dal volume: "PILASTRI DEL CIELO" di Armando Aste