Maffei, Frizzera e Leoni

Maffei, Frizzera e Leoni

Graziano Maffei, Feo

Graziano Maffei, Feo

Paolo Leoni e Graziano Maffei

Paolo Leoni e Graziano Maffei

In parete sulla Sud

In parete sulla Sud

Graziano Maffei, si è spenta una stella

Per chi si interessa di uomini e di montagne, il 17 luglio 1994 è un giorno da ricordare con tanta amarezza e profonda nostalgia per la scomparsa del roveretano Graziano Maffei, accademico del CAI, punta di diamante di un alpinismo ideale senza confini.
Il fortissimo "Feo" caduto banalmente in un crepacccio alla corte della Regina della Dolomiti, la "sua" Marmolada, dopo averne salito la Via Don Chisciotte sulla Parete Sud. Inutile tentare di chiedersi perché.
Nel firmamento alpinistico si è spenta una stella di prima grandezza. Graziano era un caparbio perfezionista, un entusiasta contagioso affascinato dalla bellezza che sapeva scorgere ovunque: nelle piccole cose più semplici come nelle espressioni più grandiose ed esaltanti della natura non solo alpina. Un uomo sempre alla ricerca di un allargamento di confini, posseduto dal bisogno di andare oltre, rincorrendo frammenti di gioia. Che portava dentro il senso del meraviglioso, del magnifico. Nel suo cuore ardeva la fiamma della poesia. Grandissimo alpinista dallo stile inconfondibile e sciatore elegantissimo, fine cesellatore di "Vie" di eccezzionale arditezza e di suprema eleganza, dolomitista per eccellenza che non teme confronti. Un atleta formidabile. Aveva cinquantacinque anni e, allenatissimo, arrampicava ai massimi livelli.
Per ogni uomo che pensa e vuole andare oltre si ripete nelle forme più svariate l'avventura di Icaro. Importante è sapere con estrema sincerità che cos'è che ti spinge lassù. Se per brama di gloria, per orgoglio, per ambizione, per misurare te stesso, per dimostrare qualcosa agli altri, o per una sfida di coraggio per andare avanti. Se lo fai per innamoramento, per i pensieri, per i suggerimenti, per le emozioni che ti nascono dentro all'idea di quella montagna, di quella parete, di quella traccia ideale che la natura ti ha rivelato e che vuoi fare tua. Per la passione che ti brucia dentro dal momento che ti sei accorto di quell'invito trascinante. Per l'armonia che ti pervade al pensiero e alla visione di quelle rocce, di quei cristalli di ghiaccio e come un poeta, un pittore, un musicista, uno scultore per il bisogno irrinunciabile di fermare, di concretizzare con la tua azione del salire un fuggente attimo creativo. E ancora, se per fare l'eroe. Per narcisismo, per un orgoglioso piacere egoistico. O invece per una meta di ordine morale che materialmente fai coincidere in genere con una vetta, e ciò malgrado ogni ostacolo. In ultima analisi, se pratichi un alpinismo come fine o come mezzo. Chissà. Forse un po' di tutto questo.
Per me il continuo affannarsi di Graziano sulle immaginose vie della montagna, rincorrendo i richiami, sta a significare un ripetuto tentativo di liberazione, di evasione da tutto quanto sa di provvisorietà e di finitezza. Al di là di ogni altra considerazione, credo che lui sia stato uno dei fortunati che si sono scoperti cercatori di inffinito. E la montagna vista non come fine ma bensì mezzo di espressione e di ricerca. Il passo ulteriore sul cammino della Conoscenza, cioè sul problema del nostro rapporto con Dio, fine ultimo, appartiene all'impegno personale di ognuno. Una scelta da rispettare qualunque essa sia.
Quando si parla di un passo oltre, si è portati a idealizzarlo, a parlare sempre in positivo e questo mi sembra bello per ricordare chi ci ha lasciato senza poter dire addio. Pur sapenddo che anche lui come ogni uomo, proprio perché tale, avrà certamente sofferto dei limiti della condizione umana. Per questo non è bene e non è giusto creare miti anche se a volte sull'onda dell'amicizia e del sentimento si sarebbe tentati di farlo.
Dal racconto del suo compagno di cordata e pensando alla passione delle altezze che ci accumunava, mi piace ricordare la sua ultima ascesa. Una salita in una giornata sfavillante. Sulla vetta ambita si erano fermati a lungo quasi a voler centellinare momenti subblimi che per Feo non si sarebbero più ripetuti.
"Dobbiamo ringraziare il Padreterno", aveva detto a più riprese. E' questo l'ultimo fotogramma della mente da conservare.
Tutto il resto, i momenti di lotta vissuti assieme, la collana di perle dei ricordi di quanti Lo hanno conosciuto, rimane nel cuore di ognuno. Perché la cordata è per sempre.
"AUDENTIS RESONANT PER ME LOCA MUTA TRIUMPHO". Quasi in pellegrinaggio sul Campanile di Val Montanaia, Angelo, Franco ed io abbiamo fatto squillare la campana anche per Graziano. Perché Lui ha tanto osato.

Dal volume: "PILASTRI DEL CIELO" di Armando Aste