"Il mio credo mi ha aiutato a non rischiare più del lecito, a non barattare il dono della vita per l'orgoglio di classifica dei più bravi. Giacché i record sono fatti per essere battuti dalle generazioni che incalzano. Eppoi l'alpinismo per me non é uno sport ma un'arte.“

1957 - Civetta. Torre Trieste. "Via Carlesso-Sandri"

8 - 11 marzo 1957. Con Angelo Miorandi.
Ci eravamo allenati sulla Guglia di Castel Corno durante tutto l'inverno, per prepararci ad una nuova avventura: la prima invernale della Via Carlesso-Sandri alla Torre Trieste in Civetta. L'avevo già tentata in precedenza con Fausto Susatti, senza riuscirvi. Angelo Miorandi era il migliore dei miei allievi. Avevo imparato ad apprezzarlo come uomo, prima ancora che come alpinista coi fiocchi. Durante il servizio militare nel Corpo degli Alpini faceva l'istruttore di roccia. Successivamente, era emigrato in Germania per costruire per sé e la sua famiglia una avvenire dignitoso e sicuro.
Partimmo per la nostra impresa col treno da Rovereto a Trento, proseguendo per la Valsugana fino a Primolano. Da lì, in corriera, fino a Bribano. Poi ancora in treno fino a Belluno. Da Belluno, in pullman, fino ad Agordo. Poi a piedi fino a Listolade da Silvio, dove passammo la notte. Il giorno dopo, attraverso la Val Corpassa, ponemmo il primo bivacco ai piedi della Torre Trieste. Il nuovo giorno iniziammo a salire, lenti ma sempre sicuri, fino ad un posto di bivacco sopra il “muro giallo”. Col nostro fornelletto a benzina potevamo prepararci roba calda, sciogliendo la neve che c'era sulle cenge. Confortati da un tempo magnifico, proseguimmo fino alla seconda grande cengia, posto ideale per un nuovo bivacco. Devo dire che contro il freddo eravamo attrezzati alla bell'e meglio. Io avevo due paia di pantaloni, uno sopra l'altro, poi diverse maglie sotto, maglione e giacca a vento e un vecchio zaino della naia per portare l'indispensabile per la salita. Eravamo felici. Avevamo inventato con una cantilena che diceva: “Tu che al diavol tagliasti i calli, o barber fègura vàcca”, riferito all'ipotetico barbiere dell'angelo nero, taifel nel nostro dialetto trentino, teufel in tedesco.
Dopo il bivacco, l'ultima parte con il passaggio più difficile di tutta la salita, una placca compatta con un vecchio chiodo all'uscita. Non sono mai riuscito a spiegarmi come abbia fatto Carlesso a piantare quel chiodo determinante. La stessa perplessità l'avevo sentita da Armando Da Roit, che aveva fatto la prima ripetizione di quell'itinerario del quale si diceva che assommasse le difficoltà della Cassin alla Ovest di Lavaredo e quelle della Via Soldà alla SO della Marmolada. Questo era il giudizio di quel tempo in fatto di salite estreme delle Dolomiti.
Ma continuiamo con la nostra salita. Alla base del camino di uscita in vetta, ponemmo l'ultimo freddissimo bivacco, eppure arrampicavamo a mani nude. Non sentivamo il freddo perchè la nostra circolazione era ottima. In vetta firmammo il libro e iniziammo subito la discesa a corde doppie. Riuscivamo a trovare i chiodi delle partenze con un intuito quasi animalesco, senza sbagliare. Arrivammo alla base della Torre in piena notte illuminati dalla luna. Rifacemmo in discesa notturna la Val Corpassa. Ricordo le cadute, nella neve soffice, con gli sci e le pelli di foca e giungemmo a Listolade da Silvio dove ci aspettava un buon letto. Ma chi riusciva a dormire con la gioia che avevamo dentro! Il giorno dopo, con i soliti mezzi, tornammo a Rovereto e quindi a Borgo Sacco.
Ricordo quella salita come un sogno ovattato di bianco che spingeva la nostra vita un po' più su, dove la neve ripuliva un favoloso ambiente restituito alla verginità ancestrale. Avevamo vissuto una lunga meditazione con l'anima alle stelle, in un paradossale canto silenzioso di una immaginosa natura emersa da epoche perdute. Avevamo iniziato il grande alpinismo invernale in Civetta, che poi avrebbe avuto degli sviluppi impensabili.
Come ultima considerazione, devo dire che, se non avessi avuto i meravigliosi compagni che hanno condiviso le mie grandi salite, non avrei mai potuto raccontare questi frammenti meravigliosi di vita intensamente vissuta.

La Torre Trieste
La Torre Trieste in inverno
Miorandi in vetta alla Torre Trieste

1972 - Civetta. Torre Venezia. "Via Kennedy"

29 dicembre 1972 - 2 gennaio 1973. Con Mariano Frizzera, Angelo Miorandi e Tarcisio Pedrotti.
Avevamo impiegato cinque giorni, durante la settimana di Natale, per compiere la prima invernale della Via Kennedy alla Torre Venezia in Civetta. Fra parentesi in quei giorni io soffrivo di una fastidiosa dissenteria.
Dopo la salita, tornati finalmente al tabià del rifugio Vazzoler stanchi e affamati, trovammo una tavola imbandita con un po' di cibo, che per noi fu una vera manna, lasciata da alcuni alpinisti che avevano assistito alla nostra salita ostacolata da un insistente nevischio. Oltre al resto, c'era anche un tovagliolo di carta sul quale c'erano scritte alcune parole di augurio, firmate Nilo Niccolai da Venezia.

Torre Venezia. Via Kennedy. In parete.
Torre Venezia. Via Kennedy. Aste in sosta.
Torre Venezia. Via Kennedy. In parete.

"Le scalate e le spedizioni sono descritte, in modo particolareggiato e in ordine cronologico, nel mio primo libro (ora introvabile) PILASTRI DEL CIELO.“